
22 Set Buon inizio anno cari genitori!
“Sono iniziate le scuole. Ci sono problemi, come al solito. Ma io fisso te, me, genitore che si ferma fuori dalla scuola. Padre, o madre che tu sia. Fermo quando resti in piedi, nella luce varia dei mattini. O seduto in auto, da solo.
Tutti parlano di loro che entrano: quanti sono, quante aule mancano, quanti prof. E che riforme. Ma io fisso te.
Quando accompagni i tuoi figli e li vedi entrare in un mondo che non è più sotto la tua influenza. Vanno dove altri parleranno, diranno cosa fare, e cosa guardare e come pensare. Li vedi andare, piccoli, verso ciò che non conoscono. E che non conosci neppure tu. Se ne vanno da te. Più chiaramente. Sì, d’accordo, il rapporto con le maestre, gli organi collegiali, le comunicazioni scuola-famiglia… C’è tutto quel che occorre, se si vuole, perché la famiglia sia collegata alla scuola.
Ma no, non sai dove vanno. Dove cominciano ad andare. Li puoi immaginare, ma è il primo posto dove non c’entri. La prima loro vita senza che t’impicci. Adesso puoi iniziare a chiedere loro: allora, com’è andata ? Come a uno che torna da un posto che non conosci. E quel “qualcuno” iniziano ad essere loro, i tuoi figli. Che pensavi di conoscere. E che inizi a non conoscere più, per iniziarli a riconoscere. Come non tuoi. Come gente che ti è arrivata tra le braccia, e che se ne va. Che se ne va dove deve andare.
E che si volta a guardarti per non avere paura. Si volta a vedere che luce hai negli occhi. Perché, cos’hai da dare loro ora? Sì, il pane. E speriamo il companatico. I vestiti. E qualcosa per girare. Ma loro andare devono, e di quel che impareranno molte cose non le sai. Nemmeno ti ricordi le operazioni di aritmetica per aiutarli a fare i compiti! E ti stupisci di come fanno ad imparare così presto l’uso del pc. E non sai cosa sapranno. Cosa avranno il piacere di scoprire, di imparare. E dolore di scoprire. E a che cosa dedicheranno la loro intelligenza, il loro cuore. Non riuscirai a dare loro tante istruzioni.
Probabilmente ti lasceranno indietro. Ma si volteranno sempre, anche tra tanti anni. Per vedere se hai avuto paura. E che luce avevi negli occhi. Per vedere cosa stavi pensando vedendoli andare nel mattino a scuola: vanno verso la vita o verso il tradimento della vita? Verso la grande fregatura, o verso la grande avventura? Anche quando non ci sarai più, e starai in piedi dietro le nuvole o seduto in un’automobile celestiale (speriamo), si volteranno a guardare se chi li ha accompagnati fino alla porta che solo loro possono varcare, ha avuto paura. O era certo che qualcosa di buono c’è oltre la soglia di ogni esperienza. Non c’è nulla come il dramma della paternità. E della maternità. Che lascia andare. Che non trattiene.
In questi giorni tutti i giornali parleranno di loro, dei marmocchi. E dei ragazzini, e dei giovanotti. Del loro entrare, del loro mischiarsi tra razze varie, delle loro facciotte simpatiche o foruncolose, della loro serietà maestosa e dolcissima di seienni o di quindicenni. Del loro tesoro che si mette nelle mani della scuola.
Strana consegna, e perciò della enorme responsabilità. E ministri, esperti, statistici diranno la loro.
Ma io getto uno sguardo a chi resta sulla soglia. A te, che come me, li hai visti sparire dietro la porta a vetri. E ti sembra strano commuoversi per così poco. E forse pensi: no, non è poco. È tutto quel che devo fare.
È questo, in fondo, educarli. Che vadano, e quando si voltano, e quando tornano a raccontare, trovino uno sguardo interessato al vero della vita, e che non ha paura. Come quello di chi ti è stato padre.
Senza avere un padre, infatti, senza uno con quello sguardo certo, non li avresti messi al mondo. I figli, quando li guardi veramente, ti chiedono di chi sei figlio tu, da dove hai preso quello sguardo.”
Davide Rondoni – Avvenire 15/9/2005
A voi genitori, anche io, auguro di avere sempre uno sguardo certo, interessato al vero della vita, certo che qualcosa di buono c’è oltre la soglia di ogni esperienza.
Elena Lucca
Direttrice Scuola Primaria Via Carcano