Dipingere a scuola, osservati da studenti universitari

10 Feb Dipingere a scuola, osservati da studenti universitari

Venerdì 6 febbraio i bambini della Scuola dell’Infanzia La Zolla hanno svolto la consueta attività di pittura, che è stata osservata da un gruppo di studentesse  dell’Università Cattolica di Milano, iscritte al Master in Servizi educativi per il patrimonio artistico, dei musei storici e di arti visive diretto dalla prof. Cecilia De Carli.
Come mai questo pubblico così insolito?
Tra i pionieri della relazione arte-educazione uno dei metodi affrontati dalle lezioni del master è stato quello di Arno Stern, inventore degli atelier di pittura, e più ampiamente di educazione creativa. Occorre ricordare che la nostra Scuola La Zolla, ai suoi albori, agli inizi degli anni Settanta, ebbe  l’occasione di conoscere, attraverso l’amicizia con Dino Manfredi Quartana, scultore dell’ordine domenicano che vive a Parigi, gli Atelier di Stern. Aiutate dai racconti di Quartana e dai libri che cominciavano ad essere pubblicati anche in Italia,  le insegnanti della Zolla, incuriosite ed interessate da questo “metodo”, provarono a proporlo ai bambini di allora, trovando in essi una creativa corrispondenza e una forte attrazione per la nuova attività.  Nel corso dei quarant’anni di vita della scuola, quella attività, proposta agli innumerevoli alunni che si sono susseguiti nelle aule e nella storia della Zolla, si è mantenuta ed incrementata, anche discostandosi in taluni aspetti dal metodo originario, per adattarsi alla situazione reale dei bambini della scuola.
In che cosa consiste tale metodo? E’ molto semplice: esso vuole offrire la possibilità di rappresentare, con carta, pennelli e colori, l’interiorità e le scoperte che i bambini compiono nel loro percorso di crescita,  lasciando traccia di sé perché ciò che i bambini “producono” non è nulla di convenzionale, bensì  rivelazione della loro personale esperienza.

Ogni dipinto di ogni bambino è “parola” e finestra aperta sulla sua interiorità, fatta di mente e di cuore, di ragione e di affetto.

E il “metodo” in che cosa consiste?  Nell’avere a disposizione  un’aula o un angolo- parete delle normali aule della scuola, dove collocare un grande pannello di legno o di cartone pressato, un tavolino lungo e stretta, alto 55 cm, che costituisce la  tavolozza di 18 colori, con 36 fori disposti a coppie, in cui collocare altrettanti contenitori, uno per il colore e l’altro per l’acqua e tre pennelli di diversa misura per ogni colore. Il foglio grande viene collocato all’altezza degli occhi dei bambini, che dipingono in piedi, prendendo dalla tavolozza il colore con il pennello.
Le insegnanti indicano gli accorgimenti tecnici: come impugnare il pennello, come intingerlo senza sgocciolare e come evitare di mischiare i colori. A questo punto il bambino diventa protagonista nell’attività, è lui che decide il soggetto, quali colori scegliere, come utilizzare lo spazio del foglio.
Colpisce la serietà, la calma  e la concentrazione di tutti, anche dei bambini di tre anni, all’inizio del loro percorso o dei bambini che in altre attività si dimostrano  disattenti e agitati.
La maestra è presente per incoraggiare, per rispondere alle domande dei bambini, per essere testimone di ciò che accade sotto i suoi occhi, che è ogni volta la sorpresa e la meraviglia di constatare l’unicità della persona! Infatti non c’è mai un dipinto uguale ad un altro,  e anche se i bambini dialogano e si guardano tra di loro, ciò che rimane sul foglio è assolutamente personale e ben riconoscibile dai bambini stessi e dalle maestre, che ancor prima di mettere il nome sul foglio, sanno chi è l’autore!
Questi bambini all’opera hanno offerto alle studentesse del Master l’occasione di osservare un metodo, in origine nato in altro contesto e qui invece applicato come risorsa  scolastica. L’atelier di Stern diventato nel tempo “closlieu”, è uno spazio di libera espressione che non ha altro scopo se non quello  di trasporre in pittura l’esperienza del vivere. Interessante è stato per gli allievi del master poter osservare dal vivo il metodo calato in una realtà che ha una sua propria personalità scolastica.  Attraverso l’osservazione silenziosa dei bambini all’opera, è stato poi possibile discutere con la responsabile del master e con Tina Venturi, direttrice della scuola, sulle potenzialità di tale metodo, della particolare declinazione svolta dalla Zolla e dei possibili insegnamenti che possono avere una ricaduta sulla progettazione dei servizi educativi per il patrimonio artistico, tema che presiede la formazione del Master.