06 Ott Diventare grandi è la più grande avventura
Riportiamo alcuni passaggi del primo incontro del Preside con gli studenti delle classi prime, come augurio per il nuovo anno.
Quando si aprono i giornali, quando gli esperti parlano di voi alla televisione o per strada, prima o poi si finisce per sentire o per leggere questa frase: “non sono né carne né pesce”. Io farei subito un sondaggio per sapere chi di voi si sente più pesce o più carne… “Non sono né bambini né adulti, sono una via di mezzo”. Io spero che nessuno di voi si senta “una via di mezzo”; spero che vi sentiate persone che sono chiamate. Questa è la prima idea che voglio darvi: voi siete persone che sono chiamate alla strada più affascinante della vita, la strada più bella.
Quelli che sui giornali dicono “né carne né pesce”, quando pensano alla vostra età sono pieni di rimpianti, e più in generale quando pensano al fatto di diventare grandi, pensano, credono e vi dicono che è una fregatura. “Ah, quando si è bambini si fanno i giochettini, si sta con la mammina, che bello… poi quando sei grande cominciano i problemi, lo stress, il lavoro, la famiglia”… come se tutto questo fosse meno di quello che avevi o potevi fare prima!
Io vi dico che è vero – e vi invito a questa scoperta giorno per giorno – esattamente il contrario. Tutto quello che di grande e di bello ciascuno di noi attende nella propria vita, come nella vita dei propri figli, dei propri amici e dei propri alunni, non è una fregatura. Il cammino di questi tre anni è il cammino più prezioso perché per la prima volta accade un fatto nella vostra vita che vi accompagnerà per sempre, e il fatto è molto semplice: se fin qui vi si chiamava bambini – devo dire che c’è qualche genitore di III media che viene a parlare col Preside e dice “come va la mia bambina?” e magari è alta così… “La mia bambina”?!? – per la prima volta da adesso nasce, si sprigiona e dovrà crescere la vostra storia, la crescita di voi come persona. Anche per chi adesso si sente così, un po’ spaesato, si sente inadeguato e pensa “no, io non ce la faccio”: per tutti voi in questo momento s’inaugura una strada, si apre un’infinita possibilità. Diventare grandi non è un di meno, non è perdere qualcosa… dallo stato di un neonato, di uno che mangia il latte, che dorme, che piange – tre cose fanno i bambini, per altro straordinarie! – a uno che guida la macchina, studia, si innamora… ci sarà un guadagno, sarà qualcosa di più che mangiare, che bere il latte e dormire, sarà un po’ meglio!
Quando parlo della crescita di una persona, intendiamoci – prima ho fatto l’esempio della studentessa di terza media la cui madre dice “la mia bambina”, anche se la sua “bambina” è più alta di lei di 40 cm – parlo innanzitutto di una crescita che c’è nel vostro fisico, perché in questi anni diventerete molto diversi dal di fuori: tendenzialmente alla scuola media si diventa più alti, ci si può anche allargare, qualcuno si restringe… di solito nel 99,9 % dei casi si diventa anche più belli! Quando io guardo le mie foto alle medie ho un moto di compassione perché anche fisicamente la crescita della mia persona era avvenuta in modo un po’ strano: mi erano cresciute le gambe, ero una sorta di cicogna col busto piccolino appeso a delle gambe. A mia moglie era cresciuta la testa prima, sembrava un palloncino… Ma come sempre dico, se anche voi non veniste a scuola questa crescita di voi nel fisico avverrebbe sicuramente, anche mangiando la metà di quel che mangiate ora il vostro corpo crescerebbe.
Ma quando dico che diventare grandi è la più grande avventura, dico di più, non sto solo dicendo che diventerete alti, sto dicendo che siete chiamati a diventare persone. Cosa fa una persona? È chiamata a guardare alla bellezza e alla ricchezza che ha dentro di sé e alla bellezza e alla ricchezza che c’è dentro al mondo. La scuola serve a questo, ragazzi. Tutti voi, io sono certo, se vi ricordate, quando avete fatto il colloquio con me, vi siete sentiti domandare: “Va bene la scuola, l’italiano, la matematica…, ma a te cosa piace fare?”. “Io danzo, io gioco al lego, a me piace pescare…” e io rimanevo affascinato perché dentro questi interessi così diversi che cosa vedevo già? La bellezza di una chiamata, attraverso quell’interesse, a guardare la totalità delle cose, la bellezza delle cose tutte quante. Per questo siate curiosi tra di voi, con le passioni che vi vengono, siate curiosi nello stesso tempo delle passioni che animano il cuore e la testa dei vostri insegnanti.
Le materie di scuola alle medie funzionano allo stesso modo: sono l’occasione, passo dopo passo, di una strada. Ma alla fine, anno I, anno II, anno III, cosa c’è da scoprire? Qual è la cosa più importante che uno è chiamato a scoprire? La cosa più importante è “chi è ciascuno di voi”. Chi sei? cosa sei chiamato ad essere? Come la tua persona, col tuo carattere, i tuoi interessi, può contribuire, può spendersi per il bene, la soddisfazione, la letizia tua e del mondo intero: questo è quel che c’è da scoprire. Pieni di speranza e di fiducia, lasciatevi guidare nell’incontro con i vostri insegnanti alla ricchezza delle cose, alla bellezza delle cose tutte quante, fino a cogliere tra tutte queste la possibilità di una strada, una strada che illumini il significato, lo spessore, la natura, la bellezza della vostra persona e della vostra vita. L’interesse che avete al playmobil, alla pesca, eccetera, è già un aspetto irrinunciabile e preziosissimo e personalissimo di questa chiamata.
Come vedete c’è in ballo qualcosa di più che avere 6 in matematica (vi auguro di averlo e avere anche di più, beninteso). Ma dentro tutto quello che vi accade cercate sempre qualcosa di più, chiedetevi le ragioni di tutto, chiedete ai vostri insegnanti le ragioni e la destinazione di ogni singolo passo. Oggi è così fuori moda chiedersi le ragioni, si vive così, inconsapevolmente… voi però lasciatevi guidare alla scoperta delle cose.
In questo cammino date il vostro contributo fin da subito, fino a che questo esploda, divampi quando la vostra persona sarà veramente formata nel fisico, nella mente, nel cuore, perché in questa storia ciascuno di voi è indispensabile e non per sé e basta, ciascuno è chiamato a contribuire al cammino di tutti. Una delle cose che mi fa più arrabbiare a scuola non è quando, come stamattina, alcuni studenti seguendo quel che dice il professore ridazzano, però si capisce che a loro modo stanno seguendo, stanno ascoltando. Cos’è che mi fa più arrabbiare? È quando uno alza la mano e il professore gli dice: “Prego, dimmi…”, e a questo punto tutti gli altri compagni pensano che quello sia l’intervallo, cioè “chi se ne frega”. Come? Proprio nel momento in cui uno di voi, mettendosi in relazione con l’insegnante, vuole andare in profondità, alla radice delle cose, per tutti gli altri è una pausa: invece no! Accorgetevi che il cammino di ciascuno di voi si intreccia significativamente con il cammino di tutti gli altri e la ricchezza dell’uno è a vantaggio degli altri. La tua ricchezza spendila, mettila in comune, giocati! Anche perché magari voi dite “No, io non ho niente da dare” oppure “io se ho qualcosa da dare è la mia simpatia, la mia idiozia, mi faccio accogliere perché dico stupidate”. C’è di più in te.
Quest’anno leggerete un libro bellissimo, con un inizio incredibile: c’è uno stregone potentissimo che, con sorpresa di tutti, arriva in un villaggio di hobbit. Cosa sono gli hobbit? Sono povere creature come noi, un po’ sproporzionate, un po’ in formazione. Gli hobbit, se dipendesse da loro, vorrebbero fare nella vita solo quello che sanno già fare, cioè mangiare, fumare la pipa… Che cosa vogliono fare questi hobbit nella vita? Niente insomma, stanno lì tranquilli. Però a far niente qualcosa si perde! Ad un certo punto arriva questo stregone, che si chiama Gandalf, bussa a casa di un hobbit e gli dice: “Vieni con me, ti invito a una grande avventura… Sarà un viaggio lunghissimo, dobbiamo sconfiggere un drago e impadronirci di un tesoro sconfinato”. Lui lo guarda e dice: “Guarda che hai sbagliato casa, anzi hai sbagliato razza, paese, tutto! A me vieni a chiedere qualcosa?”. Lo stesso accade per voi: “Il preside viene a parlarci della scoperta, della strada… ma io voglio solo il lego!”.
“No, io sto chiamando proprio te” dice Gandalf. E sapete come fa a convincerlo? Con una frase che è una scommessa, quella che io faccio personalmente, io e i vostri insegnanti, con ciascuno di voi – poi bisogna vedere se voi ci state, perché una scommessa è un patto, ci si può stare o si può dire di no. Il patto che Gandalf stringe con lo hobbit è questo: “There is more in you of good than you know”. Traduco: dentro di te c’è molto più di bellezza, di grandezza, di magnificenza (good), dentro di te ce n’è di più di quanto tu sappia; tu, che vivresti nella tua casuccia al comodo, vieni fuori! La scuola serve a questo: ad introdurci alla conoscenza delle cose tutte quante, fino al loro significato, in una strada di crescita.
Uno dei personaggi più scettici di tutto il romanzo de Lo Hobbit – scettico cosa significa? Uno che non crede a nulla – quando Gandalf glielo presenta, alle parole “Questo è lo hobbit e sarà indispensabile alla nostra avventura”, reagisce e risponde: “Sei pazzo Gandalf! Hai portato la zavorra…!”; ma alla fine dell’avventura dirà all’hobbit le stesse parole di Gandalf: “Ho scoperto, ho capito e riconosco che dentro di te c’è tutto quel bene, tutta quella ricchezza, tutta quella grandiosità che io scioccamente non avevo intuito, su cui non avevo scommesso.” Voi scommetete!
Che cosa ci sta a fare il Preside in una scuola media? La cosa più interessante è che il Preside possa contribuire anche lui a ciò che di bello scoprirete lungo questa strada. Non è bello essere spediti dal Preside perché hai combinato qualcosa. Scoprirete che si può andare dal Preside, anzi, si dovrebbe andare dal Preside e dagli insegnanti, non solo per condividere ciò che non va della vostra vita di studenti, ma per condividere quello che va bene, quello che è bello, che scoprite, che imparate… non trattate i vostri insegnanti come la spazzatura, dove si porta il peggio di voi, gli scarti, i rifiuti. Facciamo il contrario, trattiamoci in un altro modo, poi, per carità, se vi mandano una volta perché avete passato il segno… ma venite a vedere… la presidenza è accogliente, spaziosa…
Vi invito insomma a un cammino di scoperte: non fate come i miei vicini di ombrellone quest’anno! Vi racconto questa storia. Ero andato in vacanza in Sardegna, un posto bellissimo, in una delle spiagge più belle della Costa Smeralda, si chiama la spiaggia del Pevero. Faceva un po’ fresco, vento dalla costa, quindi il mare era una tavola, ma nessuno faceva il bagno: “Sono pazzi!”, pensavo… ed era pieno di gente abbruttita sulla sdraio, un po’ triste o annoiata. Io entro nel mare e appena metto giù la testa trovo nell’acqua una conchiglia magnifica, una stella marina di sabbia con le braccia larghe larghe e poi un pesce ago cavallino, una specie di cavalluccio marino che qualcuno ha “stirato” fino a farlo diventare lunghissimo! Il pesce cavallino ha una particolarità… è l’unico pesce nel Mediterraneo che si fa prendere in mano; c’è un altro pesce del Mediterraneo che si fa prendere in mano, ed è il pesce morto… ma torniamo a noi. Quando sono uscito sulla spiaggia con tutti i miei reperti, gli svaccati della spiaggia son venuti tutti a vedere. Questo mi ha colpito molto e ho pensato: “Quel mare lì, quella bellezza lì, c’era anche per loro. Ho capito che l’acqua è fredda, ho capito che se ti bagni poi ti tocca asciugarti e ti si attacca la sabbia ai piedini, ma santo cielo, se tu rimani dentro di te, con le quattro cosette che già fai e chiudi gli occhi di fronte alle cosone grandiose che hai davanti… ragazzi, vi perdete qualcosa! Non perdetevelo! Andate dietro ai vostri insegnanti e accorgetevi della ricchezza che portano, di quanto amano non solo quello che insegnano, di quanto amano la vita, di quanto amano le cose, di quanto gustano le cose fino al loro significato e così dopo questi tre anni porterete anche voi sulla spiaggia della vita i vostri trofei, riporterete tracce, reperti, segni che illumineranno la vostra strada!
Ci sono in ballo tante cose, non perdiamoci d’animo e non perdiamo tempo; e nessuno abbia neanche il pensiero che “quelle cose non sono per me”: questa strada è per tutti, per tutti e per ciascuno e per ciascuno insieme agli altri. Per incominciare e perché sia ragionevole e verosimile sperare e credere in tutte le cose che ho detto, una cosa che si potrebbe fare e che vi propongo è incominciare l’anno con una preghiera che a me piace particolarmente (anche perché a un certo punto ho capito cosa voleva dire); questa preghiera è il Gloria al Padre. Ma perché, cosa significa questa preghiera? La parola “gloria” significa “manifestazione”: vuol dire che tu chiedi a Dio che si faccia vedere, che sia visibile, che sia chiaro ed evidente per tutti, in modo che sia certa la meta e ogni passo del vostro cammino. Se vi ho detto che la conoscenza serve ad arrivare al significato delle cose fino in profondità, allora c’è bisogno che ogni tanto questa strada e questo significato si facciano vedere, diventando sempre più chiari.
Questa è la prima cosa che vi propongo di fare. La seconda cosa che devo fare è l’appello per dividervi nelle due classi, appello a cui voi risponderete “Presente”. Presente a che? Io ci sono, ci sto, ci credo, mi fido della scommessa che abbiamo fatto, ma mi fido tutti i giorni, non una volta sola. Cosa vuol dire essere presenti a scuola? Nel mio ufficio ci sono delle piante grasse. Sapete perché mi piacciono quelle del mio ufficio? Perché probabilmente sono già morte da 5 o 6 anni, ma sono lì in piedi, ci sono, sono presenti a loro modo e, come si dice, “arredano”. Uno potrebbe fare la pianta grassa a scuola e potrebbe dire “poi studio a casa”… e bravo fesso! Se non sei in relazione con il tuo insegnante cosa vuoi scoprire di te e delle cose? Siate presenti tutti i giorni, a partire da oggi! Vi aspetto tutti per condividere i passi del vostro cammino!