Insegnanti in cattività al tempo del Coronavirus

01 Apr Insegnanti in cattività al tempo del Coronavirus

In questo periodo i nostri insegnanti si descrivono così, come una specie da proteggere ma sempre pronta ad adattarsi al nuovo ambiente e a trovare nuove risorse per sopravvivere e per “cacciare” le sue prede.

 

 

In questi giorni li vedete in sovrimpressione negli schermi dei vostri computer, tablet o cellulari, animali a mezzo busto per metà maestri e per metà componenti d’arredo.

La parte che si interfaccia con i propri alunni è simpatica, ottimista e vestita di tutto punto, l’altra, quella che non appare in video, è a tratti stordita, indaffarata e indossa la tuta.

Le due parti di questo meticcio mediatico trovano un punto di equilibrio quando si ricongiungono in un corpo ed un animo solo, quello dell’insegnante in cattività.

Si perché oggi c’è anche questa categoria da proteggere, sembra una nuova forma di vita, niente campanella al mattino, niente occhi puntati addosso, sguardi desiderosi di capire, nessuna mano alzata neanche per andare in bagno, nessuna domanda scema per distrarre la classe, nessun intervallo e nessuna mensa (l’unica cosa di cui non si sente la mancanza!). Tutto tace in un tempo dilatato e deprivato della sua naturale tensione quotidiana.

La cattività di un insegnante, questo nuovo ambiente che non corrisponde al suo ambiente naturale, rischia di abbassare i suoi naturali istinti; l’olfatto del “vediamo oggi chi non ha studiato”, la vista retrovisoria del “ti vedo anche se sono girato di spalle”, l’orecchio bionico del “ti ho sentito anche se stavi sussurrando” e la bocca Olivetti Lettera 22 da 1000 battute al minuto compresi gli spazi, ma fra tutti questi istinti solo uno sembra non addomesticarsi, quello dell’educazione della sua specie.

Questo istinto primordiale dell’insegnante lo guida anche in cattività verso la conquista della preda, allora impara nuove tecniche di caccia; monta video lezioni approssimative, stila indicazioni settimanali di una precisione e severità teutoniche, registra video letture, impara ad usare Teams, Zoom e anche Power Point in un giorno solo, è disposto a tutto pur di trovare la preda con cui sfamare i propri alunni da lungo tempo digiuni di scuola.

La scuola dell’esperienza e dell’imparare si fa in rete, e fa rete attorno a sé nella condivisione del dramma del presente, mancherà di gessetti e lavagne, di banchi e sedie ma trabocca della cosa più preziosa, l’offerta di sé all’altro, e basta solo un’ora di lezione per riaccendere il legame mai perduto tra maestro e discepolo.

Daniela Galati – insegnante della scuola primaria di via Carcano