Nel profondo di un abbraccio

06 Apr Nel profondo di un abbraccio

In questi tanti giorni di lontananza continua a colpirmi moltissimo il contrasto tra le immagini di tristezza e di preoccupazione di cui i telegiornali sono pieni, il contrasto tra le immagini degli ospedali e dei cimiteri, il contrasto tra i racconti di tanti amici e tanti cari solcati dal dolore e tante altre immagini, tante altre riprese che invece mostrano la rinascita della natura, generata dal ritorno della primavera e favorita dalla lontananza forzata, ahinoi!, dell’uomo, ciascuno nella propria casa.

Sono comparse persino le lepri nei parchi di Milano, e papere colle nuove nidiate nelle vie cittadine! Ma sono soprattutto le immagini del mare ad avermi meravigliato.
Abbiamo visto tornare i delfini nei porti di Cagliari e di Trieste; abbiamo visto i cormorani a caccia di pesci nei canali di Venezia, quei canali sempre torbidi e trafficati, divenuti ora straordinariamente cristallini e ricchi di vita; abbiamo visto persino il lungomare di Napoli, ripreso dall’alto di un balcone da un ragazzo, con le sue acque calme e trasparenti paragonate a quelle della Sardegna.

Il mare ci rivela in questi giorni parte del suo mistero, del suo fondo così spesso nascosto e lontano, delle meravigliose creature che lo abitano e che solo raramente riusciamo a vedere. Proprio il contrario di quel che accade alla vita di tanti, chi più chi meno, che ora è in tempesta, che si è intorbidita, che sembra non poter essere più decifrabile. Anche a Dante, settecento anni fa, toccò l’esperienza del dolore, di quel dolore che ti lascia senza parole, come è quello che colpisce chi è innocente, del dolore che ti lascia totalmente solo, come è quello di chi mette in dubbio perfino la presenza di un Dio giusto e misericordioso.

E più cercava spiegazioni, più annaspava sulla sua superficie agitata e oscura.
Nel suo immaginato viaggio ultraterreno, Dante rivolge così ai beati del Paradiso la terribile domanda dell’uomo che dubita che ci sia un senso al vivere come al morire. Qual è il significato di tutto questo? Dove è la giustizia?

E riceve, in tutta risposta, proprio una descrizione del mare, una descrizione su cui il poeta costruisce uno straordinario paragone. Il mare è la giustizia di Dio, è il suo disegno buono su ogni uomo e sulla storia, da sempre e per sempre.

Però ne la giustizia sempiterna
la vista che riceve il vostro mondo,
com’ occhio per lo mare, entro s’interna;

Par. 19, 58-60

La nostra vista cerca di sfidare l’altezza del mare delle cose tutte quante, del mare della vita, cerca di esaurire la profondità del disegno di Dio in una operazione di scavo, in cerca di un fondo, animata dal desiderio di capire tutto, di scandagliare e di comprendere ogni cosa. La nostra vista di creature,

[…] ben che da la proda veggia il fondo, 

in pelago nol vede; e nondimeno
èli, ma cela lui l’esser profondo.

Par. 19, 61-63

Certo, quando siamo vicino a riva, quando le cose girano per il verso giusto, esattamente come ci aspettiamo e ci immaginiamo, ci sembra di vedere il fondo perfettamente, in ogni suo dettaglio. La vita allora appare lieta e trasparente.

È in mare aperto che cessiamo di vedere un fondale ormai divenuto lontano, da una superficie che si è fatta troppo distante. E tuttavia il fondo c’è. E lo nasconde proprio la sua inevitabile, misteriosa caratteristica: quella di essere profondo, remoto dalla superficie, lontano; lontano, ma anche al riparo così dalla superficialità, profondo e dunque non banale.

Che la nostra amicizia, i nostri rapporti, in particolare in questo periodo di Pasqua, siano l’occasione per cercare insieme il fondo della vita, per domandare insieme una profondità. Una profondità di sguardo, di attesa, di riconoscimento che, anche quando non vediamo più nulla, anche quando dubitiamo di tutto, c’è un abbraccio che non viene mai meno, qualsiasi sia il tratto di mare che stiamo solcando con le nostre fragili imbarcazioni.

C’è un abbraccio che sta dietro, che sta dentro, che sta al fondo. Un abbraccio che tiene stretto a sé tutto il mare e ogni storia che si svolge sulla sua superficie, sulle rotte più diverse, anche le più tortuose e travagliate. Un abbraccio che ci è stato donato sin nel profondo della nostra vita, un abbraccio totalmente inaspettato che ha fatto scaturire la nostra vita, ma non solo alla sua origine. Un abbraccio da cui la nostra vita si alimenta e si rinnova di continuo. È quell’abbraccio che possiamo accogliere e donare a nostra volta.

Buona Pasqua, di cuore, a tutti.

Daniele Gomarasca – Coordinatore Didattico Scuola La Zolla